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È INDISPENSABILE PER I BAMBINI ASSUMERE CARNE, UOVA E LATTE

L’opposizione della comunità scientifica alla dieta vegana è ferma: nessun medico pediatra dovrebbe mai raccomandarla a una coppia per il proprio figlio, nei primi anni di vita. Latte, uova oltre ad alimenti come la carne e il pesce fortificati con vitamina B12, ferro e omega 3.



E, soprattutto, che in ogni famiglia si eviti il «fai-da-te». Sono alcune premesse all'incontro che si è tenuto mercoledì 7 novembre a Bologna durante la presentazione del libro "La sostenibilità delle carni e dei salumi in Italia" IN CUI abbiamo scoperto, insieme agli autori della pubblicazione, l'impegno reale delle filiere zootecniche italiane.
 Edito da Franco Angeli, in collaborazione con ANA - Accademia Nazionale di Agricoltura, il libro si propone come un punto di riferimento nel panorama mediatico italiano nel dibattito sulla produzione e il consumo di carne e salumi.

Il consumo di carne è da tempo purtroppo oggetto di Fake News e al centro del dibattito sulla salute, sull'etica sull'ambiente.
Il Prof. Giuseppe Pulina, agronomo e professore ordinario di Zootecnica speciale all'Università di Sassari, oltre che presidente della Associazione Carni Sostenibili ha spiegato come
le diete latto-ovo-vegetariane e vegane siano inadeguate al corretto sviluppo del bambino: in chiave neurologica, psicologica e motoria.

Le responsabilità sono da riconoscere al molto più che probabile deficit di alcuni micronutrienti: il ferro, lo zinco, la vitamina B12 e l’acido docosaesanoico su tutti. Più le diete sono stringenti in questo periodo, maggiori sono le carenze e i rischi a cui si espongono i figli. Ecco perché, almeno fino al raggiungimento del quinto anno di età, la scelta non dovrebbe mai essere caldeggiata dagli specialisti: soprattutto perché mancano evidenze a sostegno di un effetto preventivo e terapeutico tanto rispetto alle malattie trasmissibili quanto a quelle croniche, nel confronto realizzato con le diete onnivore bilanciate.

Per l’Eurispes, il 4,6% degli italiani è vegetariano, ma nel dibattito a Bologna si è confermato il dietrofront dei vegani (dal 3% 2017 allo 0,9% 2018 – Fonte Dati Eurispes): la scelta di rinunciare alla carne crea infatti scompensi nutrizionali, soprattutto nelle categorie più fragili della popolazione, bambini ed anziani.

“Riguardo al dietro-front dei vegani – continua il Professor Pulina - la cui percentuale è in continua discesa fra i consumatori, basta fare un excursus della storia dell’alimentazione umana fin dagli albori della storia dell’uomo per capire quanto la carne sia un nutriente fondamentale ed indispensabile. L’evoluzione della dieta e della cottura dei cibi sono infatti due elementi fondamentali dell’evoluzione umana. Dopo la scoperta del fuoco è stata proprio la dieta carnivora a confermare il primato della nostra specie su altre, consentendoci uno sviluppo fisico e cerebrale senza pari, rispetto agli altri mammiferi.”

Da sinistra: Massimo Marino, Giuseppe Pulina, Elisabetta Bernardi, Ettore Capri 


"Il ruolo della carne e delle proteine animali, all’interno di una dieta sana ed equilibrata, è essenziale in ogni fase della vita: dalla gravidanza della donna, alla crescita dei bambini fino alla terza età per mantenersi in forza e attivi” - aggiunge Elisabetta Bernardi, Nutrizionista, Biologa con specializzazione in Scienza dell’Alimentazione, Docente Università di Bari. “I consumi italiani pro capite sono sotto la soglia di rischio dei famosi 500 grammi di carne a settimana. A tal proposito la monografia pubblicata dallo IARC lo scorso giugno, a tre anni di distanza dalle anticipazioni allarmistiche pubblicate dal Lancet nel 2015, ha evidenziato che su 800 studi solo 14 sono stati giudicati attendibili e di questi solo 7 hanno messo in relazione un eccessivo consumo di carni rosse con il tumore al colon retto. Gli studi epidemiologici considerati dallo IARC, prendono in considerazione, come detto, un consumo quotidiano di carne rossa in dosi molto superiori a quelle che consumiamo abitualmente: parliamo di 500 grammi di carne cotta a settimana, l’equivalente di 800 grammi di carne cruda. Una soglia che ci fa stare tranquilli, perché in Italia tra pasta e verdure è impossibile raggiungere quote così alte di carne.”

All’interno del libro, la prospettiva per valutare gli impatti del settore nel nostro Paese è guidata da parametri oggettivi e su cui esiste consenso scientifico allargato. È il caso della “Clessidra ambientale”, che valuta gli impatti degli stili di vita alimentare dal punto di vista della sostenibilità. La Clessidra Ambientale, ottenuta dalla moltiplicazione dell’impatto ambientale degli alimenti (per semplicità il Carbon Footprint) per le quantità settimanali suggerite dalle linee guida nutrizionali INRAN, ora CREA, mostra graficamente che se si seguono i consigli di consumo suggeriti dal modello alimentare della Dieta Mediterranea, l’impatto medio settimanale della carne risulta allineato a quello di altri alimenti, per i quali gli impatti unitari sono minori, ma le quantità consumate generalmente maggiori. “La Clessidra ambientale rappresenta il carbon footprint degli alimenti consumati in una settimana”, dichiara Massimo Marino, Ingegnere ambientale e Amministratore di LCE, “e dimostra che un regime alimentare equilibrato è positivo sia per la propria salute che per l’ambiente.”

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